19 Gennaio 2025 - 16:42:03

di Tommaso Cotellessa

Quella che inauguriamo oggi è una nuova rubrica dedicata a riflessioni filosofiche e spirituali affrontate con un approccio concreto e legato all’attualità.

Questo vuole essere uno spazio in cui riflettere e leggere il presente con uno sguardo che superi l’immediatezza cui spesso le logiche dell’informazione attuale ci costringono.

Il titolo scelto è un chiaro omaggio a uno degli album più celebri e profondi di Franco Battiato, un artista che ha trasformato la sperimentazione musicale in un autentico laboratorio sull’esistenza umana.

Il titolo completo dell’album, Inneres Auge – Il tutto è più della somma delle parti, incarna due suggestioni che utilizzeremo come punto di partenza per iniziare questo cammino.

Da un lato, Battiato ci invita a osservare il presente con uno sguardo interiore capace di vincere la superficialità, richiamando la concezione tibetana del terzo occhio, l’occhio dell’anima, che l’artista decide di evocare utilizzando il termine tedesco Inneres Auge.

Dall’altro lato, la frase “il tutto è più della somma delle parti” rimanda alla celebre parabola buddhista degli uomini ciechi e dell’elefante. Nel racconto, un raja convoca un gruppo di ciechi e li invita a toccare un elefante, chiedendo poi loro di descrivere cosa sia. Ognuno offre una risposta diversa, basandosi esclusivamente sulla parte toccata: chi ha toccato la testa lo descrive come un vaso, chi l’orecchio come un setaccio, chi la zanna come un tronco, e così via. Ne scaturisce un vivo dibattito in cui i contendenti, convinti di conoscere la verità, si scontrano finendo per dare inizio ad un acceso litigio.

Il raja osserva la scena compiaciuto, consapevole che il conflitto nasce dall’incapacità di cogliere il concetto di elefante nella sua interezza. Questa parabola, contenuta nel sesto capitolo dell’Udana (un antico testo buddhista), non solo illustra come spesso il dibattito pubblico odierno si areni in sterili contrapposizioni, ma offre anche un insegnamento più profondo. Ci ricorda che, nel confronto con la realtà e nella ricerca della verità, spesso vediamo solo frammenti non avendo la possibilità di cogliere l’insieme.

Il Buddha stesso, commentando la parabola, ammonisce i suoi discepoli con queste parole:

Oh, come si attaccano e polemizzano,
alcuni che pretendono il nome onorato di predicatore e monaco!
Poiché, litigando, ognuno si attacca alla propria visione.
Tale gente vede solo una parte di una cosa
.”

Da questa consapevolezza prende il via questa rubrica, con la volontà di partire da una prospettiva chiara, ma anche con il desiderio di esplorare la realtà nelle sue sfaccettature più interessanti e profonde.

La scelta di ancorare Inneres Auge a questi riferimenti nasce dalla convinzione che, oggi più che mai, sia necessario condurre una riflessione che superi il recinto della stretta attualità liberandosi dal presentismo a cui sembriamo ormai condannati.

Inneres Auge vuole essere uno spazio franco in cui provare a indossare uno sguardo consapevole e partecipe della realtà: capace di denunciarne le storture, ma anche orientato verso una dimensione più alta. Un luogo dove la linea orizzontale che ci spinge verso la materia possa incrociare quella verticale che tende verso lo spirito.

Battiato questo sguardo lo ha chiamato Inneres Auge – e qui nessuno oserebbe contraddire un artista del suo calibro.

Insomma, possiamo dire che l’ambizione è alta, ma, come si dice, la fortuna aiuta gli audaci. Non resta che crederci.

Ps. Per suggestioni e riscontri, ogni lettore è invitato a scrivere a redazione.inneresauge@gmail.com. Questo spazio lo possiamo costruire insieme.