21 Maggio 2025 - 10:55:22

di Martina Colabianchi

Striscioni, bandiere della Palestina e scritte con slogan ‘La resistenza non si processa‘ hanno riempito ancora una volta le inferriate a ridosso dell’ingresso principale del tribunale dell’Aquila, dove è in programma la terza udienza del processo a carico di tre palestinesi accusati di terrorismo per fatti compiuti in Cisgiordania.

Uno dei tre, Anan Kamal Afif Yaeesh, ha sempre rivendicato la propria appartenenza alla resistenza palestinese contro l’occupazione israeliana mentre gli altri due, Ali Saji Ribhi Irar e Mansour Doghmosh, hanno sempre detto di essere solo interessati a quanto avviene nel loro Paese d’origine.

I tre, nello specifico, sarebbero accusati di far parte delle “Brigate Martiri di Al-Aqsa“, di averne costituito una sorta di costola (il “Gruppo di risposta rapida – Brigate Tulkarem“) e di aver pianificato attentati contro obiettivi militari e civili.

Come spiegato dall’avvocato Flavio Rossi Albertini, legale di uno dei tre imputati, oggi non ci saranno novità ma solo un mero rinvio perché «il perito che era stato incaricato delle traduzioni di chat in arabo non è riuscito a depositarle tempestivamente e, pertanto, anche l’esame dei testi del Pubblico ministero non potrà avere luogo». L’udienza, pertanto, verrà verosimilmente rinviata al 18 giugno.

Elemento invece importante è l’esclusione, come richiesto dai tre legali Albertini, Pamela Donnarumma e Ludovica Formoso, dal fascicolo del dibattimento di 22 interrogatori di prigionieri palestinesi in Israele, ricevuti per rogatoria internazionale. «Secondo l’ipotesi di accusa, – spiega Albertini – questi avrebbero dovuto rappresentare une elemento di riscontro all’indagine italiana, ma la Corte ha dimostrato di essere ben ossequiosa ai dettami del nostro Codice di Procedura Penale disponendone l’esclusione. Pertanto, non potranno essere utilizzati in alcun modo nel processo italiano».

«La resistenza non si processa, non è un reato – afferma Luigia De Biasi, Slai Cobas, tra i manifestanti -. Tanto più oggi, quando il popolo palestinese può contare solo sulle proprie forze e sulla sua resistenza. A livello internazionale tanti si stanno rendendo conto che c’è un genocidio in atto, che c’è uno Stato illegittimo e criminale, Israele, che vuole annettere completamente Gaza e la Cisgiordania ed edificarvi un proprio Stato esclusivamente ebraico».

«Chiediamo che Anan sia liberato immediatamente e che tutti e tre siano completamente assolti. Gli ultimi due non c’entrano nulla perché sono stati tirati in ballo per supportare l’accusa di associazione terroristica, che si può applicare solo ad un’associazione di persone. Per quanto riguarda Anan, lui ha sempre rivendicato la sua appartenenza alla resistenza palestinese e, in particolare, alle brigate martiri di Al – Aqsa, ha combattuto una sua storia politica fatta di oppressione, ma anche di resistenza. Chiediamo che questa non venga criminalizzata. Se ciò accadesse, costituirebbe un precedente pericolosissimo qui in Italia: condannando Anan, si vuole criminalizzare in generale qualsiasi voce di protesta o di dissenso contro il genocidio, contro l’apartheid, contro l’occupazione sionista», conclude.