07 Giugno 2025 - 11:01:14
di Tommaso Cotellessa
Diciassette persone innocenti uccise per rappresaglia dalla brutalità del regime nazifascista. È questo il dato incontrovertibile che oggi, a 81 anni di distanza, torna a risuonare tra le montagne dell’Aquilano, richiamando alla memoria una delle pagine più tragiche della storia locale: l’Eccidio di Filetto.
Quello di Filetto è il primo dei tre appuntamenti che segnano il giugno della memoria aquilana, un mese intriso di sangue e dolore, ma anche di resistenza e rinascita. Dopo Filetto, si ricorderanno le vittime di Onna, l’11 giugno, fino a culminare, il 13 giugno, nella celebrazione della Liberazione dell’Aquila. Questi luoghi raccontano un Abruzzo attraversato dalla violenza cieca di un esercito occupante che, sostenuto da collaborazionisti, si dimostrò pronto a punire la popolazione civile per gli atti di resistenza di chi lottava per la libertà.
Ricordare oggi queste vicende significa restituire loro tutta la forza di indignazione e sdegno che solo le più crudeli azioni di guerra sanno suscitare. La storia locale ci permette di superare l’illusione che il dolore sia sempre lontano, confinato in terre straniere, accessibile solo attraverso lo schermo. Il sangue versato a Filetto è nostro: ci appartiene, ci interpella, ci deve far piangere e risvegliare in noi un’autentica volontà di pace.
«Del resto, a morire sono sempre gli altri», recita l’epitaffio sulla tomba dell’artista Marcel Duchamp. Una frase amara che denuncia il rischio dell’indifferenza, dell’estraneità agli eventi che ci circondano. Ma a Filetto, 81 anni fa, gli “altri” erano i nostri, così come nostra è ogni vita umana. Ricordare oggi quelle vite significa affermare che quella ferita è ancora viva, e che ci riguarda.
Eppure, la storia di Filetto non serve solo a ricordare il sangue versato. Serve anche a mostrare che quel sangue si può asciugare, che la storia non è fatta soltanto di fratture, ma anche del lungo, paziente lavoro di chi le ricuce: gli operatori di pace, i costruttori di memoria condivisa.
Non si celebra oggi solo il dolore di quel passato, ma anche il cammino di riconciliazione avviato negli anni più recenti fra la frazione aquilana di Filetto e la cittadina tedesca di Pocking, che diede i natali a Matthias Defregger, il giovane capitano 29enne che ordinò l’esecuzione delle vittime. Un dialogo difficile, ma necessario, che ha unito due comunità nel nome della pace. Un percorso fatto di visite reciproche, incontri simbolici, racconti condivisi, e abbracci sinceri.
A volte, a detergere il sangue versato sono proprio le lacrime. Ma a renderlo sacro sono quelle lacrime versate insieme. Per ogni donna, ogni uomo, ogni innocente ucciso dall’odio e dalla follia umana. Forse, un giorno, un fiume di lacrime condivise saprà davvero sommergere le atrocità che ancora oggi ci circondano.
Filetto oggi non è solo un luogo della memoria, ma un esempio di come il dolore può diventare dialogo, e il ricordo un seme di pace.