14 Luglio 2025 - 14:46:20
di Tommaso Cotellessa
Un messaggio chiaro, forte e coraggioso. Uno di quelli che si sentono sempre più di rado, spesso annacquati dai “ma” e dai “seppure”. E invece, quello proclamato – più che semplicemente diffuso – dalle neolaureate e dai neolaureati del sesto anno di Medicina dell’Università degli Studi dell’Aquila, è risuonato con la forza di una presa di posizione netta, limpida, urgente.
In questi ultimi tre giorni, 90 studentesse e studenti hanno conseguito la laurea in Medicina, diventando ufficialmente medici. Professionisti della cura, immersi nel dolore, custodi della sofferenza. Ma già pochi minuti dopo aver pronunciato il Giuramento di Ippocrate, hanno dato sostanza a quelle parole, trasformando quel rito in un impegno reale, concreto, collettivo.

I giovani medici hanno, infatti, conferito un senso ancor maggiore al giorno della loro laurea, utilizzando questo importante traguardo non solo come un momento di festa e soddisfazione, ma anche come uno spazio di impegno e responsabilità.
La richiesta avanzata a livello mondiale è stata quella di un immediato “Cessate il fuoco“. Non solo in Palestina, non solo in Ucraina. Ma ovunque nel mondo, dove le guerre si moltiplicano e si alimentano come in una catena di montaggio della morte: Sud Sudan, Myanmar, Yemen e tanti altri angoli dimenticati del pianeta. Un appello inequivocabile al disarmo globale, che si staglia come voce fuori dal coro in un dibattito pubblico troppo spesso schiacciato dalla strategia della deterrenza e dalla logica azione reazione.
Queste giovani e questi giovani hanno dimostrato in maniera lampante l’urgenza di sentirsi esseri umani e di restarlo dinanzi alle assurde logiche internazionali, hanno perciò preso un impegno con loro stessi: quello di non solo “fare” i medici ma di “essere” medici, con dignità, coraggio e responsabilità.
Questa nuova generazione di medici ha scelto di iniziare il proprio percorso professionale lanciando un segnale chiaro: la cura non si ferma al letto d’ospedale. Riguarda la società tutta, riguarda le vittime invisibili delle guerre, riguarda l’umanità intera.
Lasciamo ora spazio a loro. Di seguito il testo integrale dell’appello.
Parole solenni, quelle che sono state appena pronunciate.
Ed è per queste parole che, in questo momento così importante e prezioso vogliamo
rivolgere l’attenzione anche ad altro.
Questo vuole essere un messaggio di pace.
Consapevoli che fra ben poco tempo ci occuperemo del dolore e della sofferenza
altrui, non vogliamo restare indifferenti a ciò che sta accadendo sotto gli occhi del
mondo.Non vogliamo e non possiamo restare indifferenti: ci sono colleghi che, nel rispetto
delle parole su cui poco fa abbiamo giurato, si trovano in questo momento a
esercitare il nostro arduo e bellissimo mestiere in confini precari e disperati.
E magari fra qualche anno anche qualcuno di noi sceglierà di dedicarsi non solo a
chi ha bisogno di aiuto, ma anche a tutti coloro che vedono il diritto alla cura
costantemente e ingiustamente negato.In questo lungo percorso abbiamo imparato molte cose, funzionali a un saper fare e
un saper essere. Non solo per fare i medici, ma per essere medici.
E da essere umani vogliamo indignarci e non assuefarci al dolore cui stiamo
assistendo, alla negazione strategica di qualunque aiuto umanitario e alla violazione
innegabile dei diritti dell’uomo e della donna, dell’adolescente e del bambino.
Questo è un appello universale alla pace e a un cessate il fuoco generale.
È anche un invito a tenere alta l’attenzione, sempre e comunque, motivo per cui non
vogliamo focalizzarci su un conflitto piuttosto che su un altro bensì su tutti i conflitti
che purtroppo tolgono e stravolgono le vite di troppe persone. Sud Sudan, Myanmar,
Ucraina, Yemen, Palestina: solo alcuni dei paesi con conflitti in atto, che scegliamo di
dimenticare.In quanto esseri umani, non saremo solo medici, ma anche cittadini, giovani del
futuro di un paese di cui sentiamo la responsabilità.
E nella consapevolezza che le scelte dell’oggi hanno delle conseguenze dirette sul
domani, è proprio ora che scegliamo di iniziare con il piede giusto.
Con questo semplice nastro bianco e queste parole vogliamo dire che le grandi
rivoluzioni sono fatte da piccoli gesti e continue attenzioni: poche parole le nostre,
misere rispetto a quanto si potrebbe dire, per richiamare in tutti voi un’immagine di
pace, e un sogno di un mondo dove questa sia possibile.
Aiutateci dunque a credere in questo sogno di pace: studenti/esse e professori/esse,
genitori, fratelli e sorelle, amici.Aiutateci con piccoli gesti e attenzioni.
Aiutateci ad affrontare queste tematiche, a casa, a scuola, in università.
Aiutateci a chiedere forte a tutti i governi che verranno il rispetto dei diritti umani.
Noi, ovunque saremo, qualunque specialità di questa professione sceglieremo, lo
terremo a mente nella nostra quotidianità, nel clima di pace che vogliamo creare,
sperando di vederlo riflesso nel macroscenario mondiale.
Non ci interessa la grandezza e la visibilità del palcoscenico, ma il contenuto che lo
anima. E in questo contenuto immaginiamo di uscire dalla logica della guerra e di
perseguire, tenacemente e ostinatamente, la via della pace