01 Settembre 2025 - 16:05:33
di Martina Colabianchi
Riprenderà il prossimo 26 settembre il processo per l’uccisione dell’orsa Amarena, avvenuta il 31 agosto di due anni fa nel Comune di San Benedetto dei Marsi.
Quel giorno, nella sede del tribunale di Avezzano, il giudice scioglierà le ultime riserve sulle eccezioni procedurali e deciderà se fissare o meno il giudizio per l’imputato.
Ma la paura, per l’associazione animalista AIDAA, è che la sentenza di primo grado tardi molto ad arrivare.
«Seppur prorogato, il rischio che il tribunale di Avezzano dove si svolge il processo Amarena chiuda prima della scadenza della proroga è dietro l’angolo per carenza di personale, e questo vuol dire innanzitutto udienze dilatate nel tempo con il rischio, in caso di chiusura anticipata del tribunale, di trasferimento del processo a l’Aquila con tutte ciò che ne consegue», scrive l’associazione.
«Pare ovvio che la difesa, come è nel suo interesse, cerchi di dilatare il più possibile i tempi del giudizio – scrive l’Associazione Italiana Difesa Animali ed Ambiente -, ma la domanda che ci facciamo, dopo due anni dall’uccisione di Amarena e dopo solo due udienze del processo, è se questa orsa ammazzata a sangue freddo colpita alle spalle dal Leombruni mentre si stava allontanando avrà mai giustizia? Qualche dubbio ci viene visti i tempi larghi di questo processo e degli eventuali altri gradi di giudizio».
«Intanto altri orsi sono morti nel parco di Abruzzo e anche per loro non è detto che ci sarà giustizia. Ben vengano le leggi che hanno incrementato le pene – conclude il comunicato – ma è chiaro che se non sono accompagnate da un potenziamento delle attività investigative che portino all’individuazione dei responsabili e se non vi sono degli snellimenti nelle procedure e nei tempi processuali, il rischio che queste leggi da sole non funzionino è dietro l’angolo e non vorremmo che il caso Amarena sia un esempio di quanto sosteniamo».
L’orsa Amarena, uno dei simboli del Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise (Pnalm), fu uccisa a fucilate nella notte di due anni fa alla periferia di San Benedetto dei Marsi. L’autore del reato era stato subito identificato nel 57enne Andrea Leombruni. La perizia balistica sul fucile, disposta dalla procura, aveva confermato che l’uomo aveva sparato per uccidere, non per errore o per spaventare l’animale.