06 Settembre 2025 - 17:33:13
di Martina Colabianchi
«Un incontro positivo. Se quanto emerso dovesse trovare concretezza, potremmo finalmente chiudere l’Accordo Integrativo Regionale (Air), che regola l’attività dei medici di famiglia e che non viene rinnovato da 19 anni».
È quanto afferma il segretario regionale della Fimmg, Mauro Petrucci, all’indomani dell’incontro con il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio, e con l’assessore regionale alla Salute, Nicoletta Verì. Il confronto, cui hanno partecipato anche Snami, Cisl, Smi e Fmt, si è svolto ieri, nella sede della Regione, in piazza Unione, a Pescara.
Per la Fimmg si è trattato di un incontro «importante e costruttivo», che ha permesso di rappresentare in modo diretto «tutte le difficoltà che affliggono la medicina del territorio: dalla progressiva riduzione dei medici di famiglia, con prepensionamenti in aumento e scarsa attrattività per i giovani – illustra Petrucci – all’eccessivo carico burocratico che sottrae tempo alla cura dei pazienti».
«Abbiamo ribadito la nostra disponibilità – ha aggiunto Petrucci – a siglare anche un accordo a isorisorse, entro il 31 dicembre, consapevoli delle difficoltà economiche in cui versa la Regione. Ma chiediamo che questa disponibilità venga accolta con uno spirito realmente collaborativo. L’Air deve essere occasione per migliorare le condizioni professionali e la qualità del lavoro».
Uno dei nodi principali resta l’indennità per i medici del 118, sospesa a seguito di un intervento della Corte dei Conti. Il fatto generò un forte allarme da parte di sindacati e i medici, impegnati ogni giorno in prima linea tra mille difficoltà.
Nonostante le trattative abbiano cercato una soluzione condivisa, il confronto si è arenato su una cifra ritenuta minima: circa 2.000 euro annui per medico, per un totale di 39 operatori. «Il presidente Marsilio – osserva Petrucci – si è detto sorpreso che un disaccordo su somme così esigue stesse bloccando l’intero percorso. Ha quindi proposto un compromesso: accettare per quest’anno l’importo proposto dalla Regione, con l’impegno a colmare la differenza l’anno prossimo».
Perplessità vengono espresse dal sindacato «per la rigidità di alcuni funzionari regionali, il cui atteggiamento sembra essere poco vocato alla ricerca di soluzioni condivise».
La Fimmg, invece, si ritiene soddisfatta per «l’apertura al dialogo da parte del presidente e dell’assessore», nell’ambito di un incontro il cui scopo era proprio quello di «trovare soluzioni condivise e un confronto concreto in un momento delicato. Anche l’assessore Verì – aggiunge Petrucci – ha espresso con chiarezza la volontà di giungere a un accordo condiviso, consapevole dell’urgenza di rafforzare la medicina territoriale e valorizzare il ruolo dei medici di famiglia».
Il quadro in Abruzzo, del resto, non restituisce numeri positivi. È in corso un calo significativo dei medici di medicina generale: tra il 2019 e il 2023, la nostra regione ha subito un decremento del ‑16,7 % nella dotazione di medici di famiglia.
Ma ad allarmare sono soprattutto le aree interne. Al X Congresso interregionale dalla Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg) del 2024, che raggruppa Abruzzo, Marche, Molise e Umbria, sono emersi ben 241 ambiti carenti, soprattutto in quelle zone montane difficili da raggiungere e dove, spesso, è elevata la presenza di persone anziane in una delle regioni, nel complesso, più anziane d’Italia.
Se sulla carenza di medici di medicina generale siamo in buona compagnia con altre regioni italiane, è ora di cambiare passo.
«Se dalle parole si passerà ai fatti potremo finalmente portare a termine un percorso che portiamo avanti dal 2023, quando sono iniziate le trattative. I medici di medicina generale vogliono continuare a fare la loro parte, anche accettando un cambiamento di paradigma che ci veda protagonisti nelle Case della salute, negli ospedali di comunità e in una gestione più moderna e integrata dell’assistenza – prosegue Petrucci -. Ma perché questo cambiamento sia credibile, occorrono investimenti reali: non solo economici, ma anche in termini di personale infermieristico e amministrativo, strumenti e risorse. La medicina territoriale non può più essere trattata come un bancomat per le ricette. Va valorizzata come presidio fondamentale, soprattutto per le aree interne, che rischiano l’abbandono. È tempo di investire sul territorio e sulle persone che se ne prendono cura ogni giorno».