25 Dicembre 2025 - 12:02:11
di Tommaso Cotellessa
Il 2025 è stato un anno carico di avvenimenti che hanno segnato profondamente il nostro tempo.
Un anno scosso dalle guerre e macchiato dal sangue, attraversato da ingiustizie e conflitti. Eppure, proprio questo stesso anno è stato anche l’anno del Giubileo della Speranza: un sentimento che oggi appare quasi anacronistico, in forte contrasto con le cronache quotidiane.
Proprio per questo motivo, all’irrompere della luce del Natale, abbiamo ripercorso il 2025 insieme all’arcivescovo metropolita dell’Aquila, Antonio D’Angelo, per riflettere sul significato della speranza e su come essa possa ancora camminare nel nostro tempo. Tanti i temi e i fatti posti al centro del confronto: dalla morte di Papa Francesco all’elezione di Papa Leone, ma anche i conflitti, le ingiustizie e il Giubileo.
Eccellenza, qual è il suo ricordo più fervido di questo 2025?
Il mio ricordo personale è sicuramente legato all’evento che abbiamo vissuto questa estate a Tor Vergata con i giovani in occasione del Giubileo. È stato un momento molto emozionante, direi una bella manifestazione della fede nella vivacità dei giovani. Ricordo ben volentieri nella mia mente quei giorni a Roma, ma anche i tanti eventi che abbiamo vissuto qui all’Aquila, con la presenza di pellegrini che, nel corso del loro cammino, hanno incontrato la spiritualità di San Pietro Celestino V. In questo anno ci sono state varie tappe che hanno segnato tanto il nostro territorio quanto il piano internazionale, e fra le numerose notizie negative che ci sono provenute dal mondo credo che il Giubileo sia stato un tempo bello da sottolineare, di certo quello che personalmente ho vissuto in maniera particolare.
Ecco, proviamo insieme a entrare un po’ in questo 2025 che si sta per compiere. Per la Chiesa si è trattato di un anno storico, segnato dalla speranza, scosso dalla morte di Papa Francesco ma sostenuto dall’elezione di Papa Leone. Come giudica il lascito che questi avvenimenti avranno per la storia?
Sicuramente la morte di Papa Francesco è stato un momento forte per la Chiesa e per il mondo. Le immagini dei giorni in cui il feretro del Santo Padre era esposto nella Basilica di San Pietro e poi quelle dei funerali in Piazza San Pietro ci hanno mostrato una piazza gremita, con folle che hanno riempito via della Conciliazione ma anche tutta l’area attorno al Vaticano. Sono immagini che testimoniano l’importanza dell’eredità che Papa Francesco ha lasciato alla Chiesa e all’umanità intera. Si tratta di un’eredità corposa che è possibile ripercorrere guardando ai suoi documenti: dalla prima esortazione, Evangelii Gaudium, poi l’importante enciclica Laudato si, che personalmente ritengo di particolare rilevanza, ma anche la Fratelli Tutti e gli altri documenti fino ad arrivare alla sua ultima enciclica, Dilexit Nos, dove siamo stati invitati ad una riscoperta del cuore, dell’ umanità dell’uomo, tante volte avvinta dalla tecnologia, dalla scienza, in modo particolare dal mondo digitale che pur essendo una grande risorsa per l’umanità, se non viene vissuta in maniera corretta, da risorsa rischia di diventare un pericolo, in quanto rischia di disumanizzarci. Non possiamo trascurare la sua attenzione sul tema della misericordia, protagonista di tanti suoi discorsi, e soprattutto del Giubileo straordinario da lui indetto nel 2015. Fu un avvenimento di grande importanza per la Chiesa che oggi si collega proprio a questo Giubileo del 2025, quello della speranza. Una speranza che si poggia sulla misericordia di Dio e ci invita a leggere la vita e la storia alla luce di Cristo.

Dal suo osservatorio speciale, invece, come interpreta la nuova Chiesa di Papa Leone?
Da questi primi mesi di pontificato, a parer mio, è possibile leggere il passaggio da Papa Francesco a Papa Leone nel segno della continuità testimoniata da temi trattati, sebbene, come in tutte le cose, è possibile riscontrare una discontinuità dovuta alle caratteristiche personali. I due pontificati sono legati da un filo di molto forte e profondo: Papa Leone si è presentato subito portando il messaggio della pace del Signore. La pace, così come l’unità, sono temi che il pontefice ci ricorda costantemente, considerando come loro fondamento la dimensione cristologica: perché è Cristo il principio della pace e dell’unità. Affrontando queste tematiche Papa Leone si rifà spesso a Papa Francesco, anche citando i suoi documenti e i suoi discorsi, dimostrando così la rilevanza del lascito del suo predecessore. Ma la continuità emerge anche sul modo in cui guidare la Chiesa: il tema della sinodalità, evidenziato con forza da Papa Francesco con l’istituzione del sinodo per la Chiesa Universale, a cui abbiamo preso parte come Chiesa italiana, è stato ripreso da Papa Leone, il quale lo ha indicato come prospettiva per il futuro della Chiesa. La sinodalità è, infatti, l’identità di un cammino ecclesiale, perché la comunità cristiana è chiamata a vivere nello spirito di comunione, che vuol dire camminare insieme.
Dalla Chiesa passiamo ora al mondo. Tanto Papa Francesco quanto Papa Leone si sono fatti uomini del proprio tempo tentando di interpretare le caratteristiche della società contemporanea, in questo 2025 macchiato dal sangue delle guerre e delle ingiustizie del nostro tempo, qual è la speranza che può consegnare questo Giubileo che ormai volge al termine? qual è la luce che la Chiesa, attraverso questo Natale può indicare?
La Chiesa, come dice lo stesso Gesù, ha da dire cose nuove e cose antiche. Con questo Natale la luce si ripresenta in questo mondo segnato purtroppo dalla violenza e dalle guerre, quelle tante guerre che Papa Francesco definiva come terza guerra mondiale a pezzi. Proprio in questo mondo la Chiesa ripresenta, ancora una volta, il Cristo che si fa uomo per portare la pace al cuore dell’umanità. Una pace che non è una semplice quiete, ma qualcosa che si costruisce ogni giorno, che riproduce sempre di più un’armonia sia personale che comunitaria. Questo è il messaggio che ancora la Chiesa, in questo Natale 2025, rinnova: uno stile di accoglienza reciproca, di inclusione e di unità, che vuol dire vivere la bellezza della differenza. Perché Gesù ci è venuto a testimoniare che è possibile vivere questa differenza, è possibile vivere questo incontro reciproco e quindi crescere. Per cui si tratta di un messaggio antico e nuovo: antico perché ha una sua origine atavica, nuovo perché ancora non riesce ad essere presente e vivo nella vita delle persone.
Guardando a questo messaggio con estrema concretezza cosa ha da dire la Chiesa aquilana alle tante persone che passeranno questo Natale all’addiaccio, magari accolti nella Mensa di Celestino?
La Chiesa Aquilana cerca di rispondere con questo spirito di accoglienza, cercando di rendersi disponibile per quelle che sono le nostre possibilità, secondo le forme in cui riusciamo ad essere presenti, per poter essere di aiuto anche in collaborazione con tutte le altre istituzioni presenti sul territorio. La nostra è un’attenzione che, come un faro, guarda a queste persone in maniera molto semplice, senza chissà quali grandi progetti, ma essendo presenti all’occorrenza, secondo le necessità e i bisogni che si presentano, con il preciso scopo di contribuire a dare una risposta.

Un’ultima domanda con cui volgiamo ora lo sguardo al futuro: nel 2026, L’Aquila sarà Capitale Italiana della Cultura, ma il capoluogo abruzzese entra in questo anno già con un titolo importante, quello di Capitale del Perdono, consegnato proprio da Papa Francesco nella sua visita pastorale del 2022. Quanto il messaggio di Celestino e della Perdonanza, sarà importante per mettere in luce la cultura di questo territorio?
La Perdonanza è un evento centrale per la città dell’Aquila e per la nostra realtà ecclesiale. Si tratta prima di tutto di un evento di grazia, in quanto è una celebrazione della misericordia di Dio. Questo evento negli ultimi 732 anni ha rivoluzionato il territorio aquilano, diventando un vero e proprio punto di riferimento. Perciò in questo anno della Cultura non potrà non essere posta in evidenza l’importanza di questa cultura della misericordia, del perdono e della pace. Nel territorio aquilano infatti numerosi sono stati i divulgatori di questa dimensione della riconciliazione, non solo Celestino V, ma anche San Bernardino e altre figure del territorio. Queste presenze testimoniano una tradizione spirituale molto antica che si manifesta nella presenza di monasteri antichi e delle catacombe, segno di una comunità cristiana che risale ai primi secoli; tutti elementi che sicuramente si uniscono alla figura di Celestino, in quanto lui stesso è riuscito a farsi sintesi nella sua vita di questa tradizione, dando nuovo slancio ai temi della misericordia, del perdono e della carità. Per questo motivo auspico che che in questo anno della cultura la figura di Celestino e il tema della Perdonanza saranno un elemento centrale. Non possiamo tacerlo, parla da sé direi.
Quindi anche la Chiesa aquilana farà la sua parte?
Sicuramente. Anche noi ci siamo e stiamo preparando alcuni appuntamenti per questo anno che viene, con il preciso intento di sottolineare il valore della spiritualità di questo territorio e della nostra Chiesa.
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