23 Gennaio 2024 - 14:18:25
di Redazione
“Ci sono ricerche scientifiche alla base della Zona speciale di conservazione del Gran Sasso che hanno accertato la presenza di specie e habitat definite di particolare interesse comunitario sulla base della direttiva 43/92/CE”.
Lo ha ribadito questa mattina, nel corso di una conferenza stampa il consigliere della Onlus Stazione ornitologica abruzzese, Augusto De Sanctis, stigmatizzando le polemiche degli ultimi giorni sulla delibera della Giunta regionale dello scorso 28 dicembre che ha segnato il passaggio di tutto il sistema montano, nei suoi 33.995 ettari, da Sito di interesse comunitario (Sic) a Zona speciale di conservazione (Zsc), quindi includendo l’intera area tra quelle in cui è previsto il massimo grado di protezione ambientale.
“Il perimetro del Sito di interesse comunitario, oggi trasformato in Zona speciale di conservazione non è fondato su dati degli ambientalisti, ma su dati scientifici di ricercatori dell’Università dell’Aquila che hanno perimetrato queste zone in cui sono presenti 25 habitat, molti dei quali di prateria, tutelati a livello europeo, decine di specie di uccelli, anfibi, rettili e mammiferi – ha affermato – Si tratta di un patrimonio naturalistico unico in Europa che ovviamente deve essere da un lato tutelato, quindi chi pensa di mandarci le ruspe per fare gli impianti da sci, deve dire che vuole distruggere un patrimonio di tutti, dall’altro lato, va gestito e anche sfruttato per ragioni turistiche o per un’agricoltura di qualità, sfruttando le risorse comunitarie destinate a questi siti, che non vengono tuttavia sfruttate perché la Regione dal 2013 non ha approvato i piani di gestione. Piste da sci e nuovi impianti significano ruspe e cemento che distruggono il patrimonio da proteggere, peraltro proposti in piena epoca di riscaldamento globale”.
De Sanctis sottolinea l’importanza di programmazione turistica adeguata, sempre nel rispetto della natura.
“Pensano di valorizzare il Gran Sasso con i motoraduni ed è sbagliato– dice – All’interno del Colosseo si fanno eventi culturali, non discoteche. Evidentemente non si comprende che il silenzio e la magia di Campo Imperatore sono un valore che non può essere svilito con motoraduni, invasioni di camper e magari con un qualche dj-set. Queste forme di fruizione invasive dovrebbero essere viste come una palla al piede al turismo, non certo l’obiettivo da perseguire. E’ necessario, quindi, programmare un turismo che oggi c’è, ma non è sviluppato. Basta salire a Campo Imperatore per osservare il disastro che c’è. Forse sarebbe bene partire almeno da un’accoglienza dignitosa dei turisti. Promuovere, poi, pacchetti turistici che sfruttano il fascino e il silenzio di Campo Imperatore si può fare con una programmazione adeguata e poi mettendo sul campo personale preparato. E’ possibile che al parcheggio di Campo Imperatore ancora oggi non vi sia un’accoglienza di alto livello rivolta a chi arriva in quota, magari guide con qualche depliant anche per filtrare il turismo della domenica, a parte le problematiche della funivia che già da sole basterebbero a far capire che forse è il caso di affrontare prima le questioni di base?“.
Ai detrattori del Parco che lo considerano un limite per lo sviluppo del Gran Sasso, De Santis risponde: “Le zone che hanno questi valori naturalistici devono obbligatoriamente essere protette secondo quanto stabilito dalle norme europee fin dal 1992. Chi parla di aree antropizzate evidentemente ignora che a pochi metri dalle piste di sci di Campo Imperatore si sviluppano numerosi habitat di prateria e di ghiaione rarissimi a livello comunitario in cui vi sono comunità vegetali sempre più minacciate. Lì vivono specie di animali di interesse comunitario. Chi oggi contesta eventuali questioni di trasparenza e partecipazione in questo iter evidentemente non sa che già nel 2000 la Giunta regionale Pace assegnò alle province il compito di rivalutare i confini. In quell’occasione si svolsero anche partecipati tavoli di confronto con i portatori d’interesse. Alla fine in Abruzzo non solo furono confermati i confini ma si aggiunsero altri tre SIC non precedentemente individuati! Se qualcuno allora è stato disattento dovrebbe intanto fare autocritica e poi ammettere che le grandi politiche di respiro continentale non possono essere certo rimesse in discussione ogni anno. Non basta. Nel 2013 la Regione destinò 3,5 milioni di euro per la redazione dei Piani di Gestione delle aree Natura2000. Stiamo parlando di documenti che contenevano non solo le misure di conservazione della biodiversità, cioè i vincoli, ma anche numerose misure di supporto alle comunità locali, anche per accedere a specifici fondi comunitari”.
“Peccato che questi piani non siano mai stati approvati definitivamente per la miopia della politica regionale – prosegue – Quindi sono rimasti i vincoli ma non sono state sfruttate appieno le misure di sviluppo da milioni di euro, ovviamente compatibili con questo patrimonio. I politici che oggi parlano a sproposito attaccando i valori della biodiversità spesso sono stati i protagonisti in negativo delle occasioni perse per garantire tutela della fauna e della flora e accesso ai fondi comunitari. Arriviamo a situazioni schizofreniche come quelle del Consigliere Pietrucci del PD che parla di necessità di ridurre le aree da tutelare sul Gran Sasso, peraltro in un Parco nazionale, quando nelle stesse settimane il suo partito a L’Aquila raccoglie le firme per contrastare il taglio dal perimetro della Riserva del Borsacchio a Roseto”.
Sulla questione Vincenzo Giusti, presidente della sezione aquilana di Italia Nostra ha precisato: “Possiamo rallegrarci di quanto stabilito dalla Giunta regionale. Non tutti se ne rallegrano, a partire dalla Giunta stessa che, obtorto collo, lo ha dovuto fare per evitare le procedure di infrazione. Imprudente ha precisato che non c’è nessun nuovo vincolo, ma loro speravano di diminuire i vincoli riducendo i confini delle aree perimetrate en quindi, purtroppo per loro i vincoli restano e non vengono ridotti”.