20 Agosto 2023 - 23:26:50
di Tommaso Cotellessa
Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta firmata dal Pd L’Aquila, volta ad aprire una riflessione e un confronto pubblico sulla Perdonanza celestiniana, a partire dalla questione del palco sul sagrato. Di seguito il testo integrale:
“Abbiamo ascoltato le parole del sindaco dell’Aquila sulla recente polemica relativa al montaggio del palco della Perdonanza sul sagrato della Basilica di Collemaggio.
Ai giornalisti, il sindaco ha spiegato di aver chiesto di limitare l’area del prato antistante la Basilica, oggetto di un costoso intervento di ripristino, per non rovinarlo; dinanzi al diniego della Soprintendenza, si è dunque deciso di installare il palco a pochi metri dalla facciata, con l’idea che i concerti previsti nel così detto ‘teatro del perdono’ servano a promuovere l’evento Perdonanza e la stessa Basilica agli occhi dell’Italia.
Ecco, crediamo sia proprio questa concezione che vada finalmente superata. E su questo, vorremmo si aprisse una ampia discussione pubblica in città.
Non si può pensare di promuovere la Perdonanza, e la Basilica voluta da Celestino, rendendola semplicemente lo sfondo di concerti e spettacoli, o peggio la ‘quinta’ scenografica di serate che nulla hanno a che fare con il messaggio universale che ci è stato consegnato con la Bolla del Perdono.
Per promuovere davvero la Perdonanza, e la Basilica con la sua Porta Santa, bisognerebbe invece investire proprio sulla forza spirituale del Giubileo aquilano; bisognerebbe, cioè, riformulare la Perdonanza “in termini maggiormente aderenti alla sua altissima valenza spirituale, restituendole, nel contempo, quell’impronta storica che la tradizione antica ci ha consegnato”.
Le parole tra virgolette non sono nostre, sono tratte dal programma di mandato del sindaco, anno 2017, negli anni totalmente disatteso.
Tanto è vero che si era persino voluto un comitato scientifico che, nel 2018, propose di “circoscrivere l’area di Collemaggio e il triduo 27-29 agosto alla sola festa religiosa e alla sua ritrovata cornice storica”.
Il Comitato è stato silenziato, e alcuni membri costretti alle dimissioni; le linee guida indicate sono state stravolte, tanto che oggi il sindaco afferma proprio il contrario, e cioè che siano i concerti – e non la valenza storica dell’evento – a promuovere la Perdonanza.
Anche la Soprintendenza, nel suo ‘pilatesco’ parere positivo alla installazione del palco sul sagrato, con malcelato imbarazzo ha comunque ribadito l’auspicio – in grassetto e sottolineato – “ad un uso dello spazio sacro e monumentale della Basilica di Collemaggio dedicato alle sole celebrazioni religiose, sotteso anche all’iscrizione del rito della Perdonanza Celestiniana, nel Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità”.
Niente, però; nella foga da ‘eventificio’ che ha oramai travolto l’amministrazione, si sta pericolosamente trasformando la Perdonanza in una sorta di ‘festival musicale’, come se ne trovano a decine in Italia, lasciando in secondo piano il significato storico e spirituale della Perdonanza che, al contrario, potrebbe rappresentare un evento unico al mondo, e invece resta ancora confinato alle mura cittadine, o poco più in là.
I numeri, quelli veri e certificati, parlano chiaro: le presenze turistiche in città tendono paradossalmente a ridursi nel periodo della Perdonanza, ritrovando linfa nei giorni del Festival Jazz che ha le caratteristiche di unicità che servono per rendere un evento attrattivo.
Non si può tacere sul fatto che l’anno giubilare, concesso dal Papa con la sua straordinaria presenza dello scorso anno, sia stata una occasione colpevolmente persa dall’amministrazione; non si sono organizzati eventi, non si sono previsti momenti di approfondimento e riflessione sul messaggio Celestiniano. Si è addirittura chiuso il prato antistante la Basilica per quasi un anno, in un cortocircuito amministrativo sconcertante: prima si è operato per il ripristino, poi lo spazio è stato di nuovo rovinato dai concerti che si sono tenuti lo scorso anno, quindi il prato è stato chiuso ancora per un altro ripristino da migliaia e migliaia di euro che, per non essere vanificato, ha necessitato di un ulteriore intervento da migliaia e migliaia di euro per tenere i concerti previsti nei prossimi giorni.
Una gestione scellerata dei fondi pubblici, col risultato che oggi la Basilica è coperta dal palco e il prato trasformato in una distesa di plastica. E meno male che è stato impedito all’amministrazione di ‘mutilarlo’, in nome dei concerti: dovrebbe essere chiaro che il prato è un tutt’uno con la Basilica, anzi apre lo sguardo proprio per ammirare a pieno la straordinarietà del monumento, oltre ad essere un luogo caro alle aquilane e agli aquilani.
È così che si pensa di promuovere la Perdonanza? È questa l’immagine che vogliamo restituire al mondo per organizzare concerti che potrebbero realizzarsi altrove, o comunque nello stesso luogo con modalità meno invasive, e che – per di più – a fronte di un investimento milionario sono destinati a pochi fortunati e restano chiusi al resto della città?
Su questo si dovrebbe riflettere, e non perché ‘ci si vuol fare di metadone a Collemaggio’ – come ha scritto sui social un assessore indegno del ruolo che ricopre, capace di insultare tutte le cittadine e I cittadini che hanno espresso legittime perplessità – ma per provare a ragionare, insieme, su come rendere la Perdonanza un evento davvero riconoscibile e riconosciuto nel mondo.
Ciò a fronte dei milioni di euro spesi in questi anni e che rischiano di non lasciare nulla sul territorio, se non il ricordo di grandi concerti che non si potranno più organizzare quando saranno finiti i soldi della ricostruzione destinati, col meccanismo del 4%, anche allo sviluppo culturale del territorio.
È etico, prima ancora che politicamente e socialmente giusto, investire così tanti milioni degli italiani non per realizzare un progetto di lungo respiro capace di dare una precisa e riconoscibile identità storica, spirituale e culturale alla Perdonanza, bensì per organizzare una kermesse musicale per pochi, e con biglietti tra l’altro a pagamento?
E sia chiaro: in linea generale condividiamo l’idea che si debba pagare per assistere ad uno spettacolo, ma non dimentichiamo che l’arte – e la cultura pubblica, in generale – hanno una fondamentale funzione sociale, e ciò va ribadito sempre quando si parla di kermesse finanziate con risorse di tutti i cittadini. La fruizione dell’arte – l’accesso alla bellezza – dovrebbe essere un diritto di tutte e tutti, e le Istituzioni dovrebbero operare per tutelarlo quando utilizzano fondi pubblici.
Altra cosa sono gli eventi organizzati da privati, e abbiamo l‘esempio virtuoso del Pinewood, che a fronte di un piccolo contributo pubblico costruiscono cartelloni a pagamento capaci di diventare un punto di riferimento per gli appassionati di un genere o di una particolare scena musicale. E capaci di sostenersi nel tempo, d’altra parte.
Non stiamo dicendo che non si debbano organizzare concerti o eventi ludici nei giorni della Perdonanza; stiamo dicendo che lo sforzo dovrebbe essere quello di concentrarsi sul messaggio unico del nostro Giubileo, di cui gli eventi ludici dovrebbero essere una sottolineatura, una amplificazione del messaggio. Per i grandi concerti, ci sarebbe tutta l’estate da poter sfruttare.
Come è possibile che L’Aquila, città del perdono, visto pure il riconoscimento UNESCO non sia al centro – proprio in questi giorni – di una grande riflessione sulla pace? Non poteva essere la nostra Perdonanza il luogo giusto per una iniziativa di respiro internazionale?
Che fine ha fatto la rete delle città Celestiniane, dei luoghi del perdono, che aveva visto L’Aquila assumere un ruolo centrale negli anni passati?
Noi immaginiamo e vogliamo un evento davvero inclusivo, aperto al mondo e solidale, nel senso del messaggio Celestiniano, partecipato da cittadine e cittadini per tutto l’anno, a partire dalle scuole, che diventi identità collettiva e, come tale, momento unico e irripetibile altrove, dove il prendere parte non sia una lotteria e il sentire non sia un qualcosa di elitario ma un reale coinvolgimento di tutte e tutti.
C’è questo, e tanto altro, dietro la polemica sul palco oscenamente montato sul sagrato della Basilica di Collemaggio, oggi ‘chiusa’ – di fatto – ai turisti, che faticano a trovare persino l’ingresso. C’è la voglia di dare davvero un significato al termine ‘rinascita’, oramai abusato.
Speriamo che la nostra riflessione possa aprire un confronto vero in città, possa stimolare una discussione aperta e partecipata.”