30 Agosto 2023 - 09:46:11

di Tommaso Cotellessa

Pubblichiamo il testo integrale del discorso di chiusura della 729° Perdonanza Celestiniana pronunciato dall’ambone della Basilica di Collemaggio dal Sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi al termine della messa di chiusura del 29 agosto.

E di nuovo la vita sembra fatta per te, e comincia domani, domani è già qui

Bastano queste strofe con le quali Giuliano Sangiorgi ha avvolto e accarezzato gli spettatori del Teatro del Perdono, per essere in pace rispetto alla Perdonanza celestiniana e con se stessi.

Sangiorgi e i Negramaro, con generosità non hanno risparmiato la loro arte e sensibilità di musicisti raffinati, creando un do ut des sentimentale di grande impatto emotivo.

E che dire, di quell’andare incontro ai settemila di Giuliano Sangiorgi che, come un cavaliere moderno, ha voluto “inginocchiarsi” davanti alla capacità di resistenza e rinascita degli aquilani.

E, vi assicuro, che si sono sentite tutte le lacrime dei settemila del Teatro del Perdono, quando ha intonato “Domani”.

Il concerto dei Negramaro è stato il capolavoro della 729° Perdonanza celestiniana, perché è stato un concerto-preghiera, un evento-nemesi, un percorso di riconciliazione con il destino e di accoglimento della rifioritura.

 Mentre la Bolla di Celestino continua ad essere il miracolo imperituro, patrimonio intoccabile della nostra città.

Se mi chiedessero di descrivere come siamo noi aquilani direi che siamo fieri e innamorati della nostra città, anche se a volte ci strappa il cuore, come nel 2009.

In questo amore per L’Aquila c’è tutto:

  • le vittime indimenticabili del sisma;
  • le pietre, vecchie e nuove, dove poggiamo gli sguardi melanconici, gioiosi, critici, ammirati;
  • la dolcezza di alcune sere d’autunno e la crudezza degli inverni;
  • l’azzurro unico del nostro cielo e l’aria così tersa che sembra lavata nell’Aterno, come facevano le nonne con le lenzuola;
  • il centro storico che racchiude il nostro mondo fatto di storia nobile e bellezza prorompente;  
  • le istituzioni culturali, della conoscenza e della ricerca;
  • e poi, la Bolla del Perdono che Celestino V volle consegnare alla Municipalità, e della quale noi aquilani siamo gelosi custodi.

Celestino è un cristiano che ha avuto la grazia di due vocazioni, e tutte e due di una forza eccezionale, direi irresistibile: quella dell’eremita e quella del pastore.

Così parla fra Bartolomeo nel potente testo realizzato in forma teatrale per il Teatro Stabile D’Abruzzo da Ignazio Silone e incentrato sulla figura di Celestino V e interpretata da un esordiente ma intenso Giancarlo Giannini al Festival di San Miniato nell’agosto del 1969.

Silone disegna un profilo luminoso di Celestino, uomo semplice ma di grande carisma spirituale, che non può giungere ad alcun compromesso per conciliare i “doveri del trono” con i principi di vita di un credente autentico.

L’eterno dramma del cristiano che è nel mondo, ma non deve essere del mondo.

Leggere L’avventura di un povero cristiano significa riflettere sulla figura di Celestino con il linguaggio dell’arte, come le stesse figure principali del corteo storico della Perdonanza 2023 onorano la cultura nei rispettivi linguaggi artistici.

La dama della Bolla, Viola Graziosi, protagonista di produzioni di successo del Teatro Stabile d’Abruzzo, attrice dalla grande personalità e sensibilità e i due giovanissimi musicisti, Valentina Gulizia, dama della croce e Carlo Palermo, giovin signore, studenti del Conservatorio Casella. 

Una scelta questa ispirata certamente dalla candidatura dell’Aquila a capitale italiana della cultura 2026 ma, soprattutto, dalla grande azione rigeneratrice svolta dalla cultura nei confronti delle comunità da riconnettere e dal territorio da valorizzare dopo il 6 aprile 2009.

Forti del portato per certi versi incomparabile della nostra storia cittadina, in questi anni ci siamo impegnati per fare dell’Aquila un modello di affrancamento dalla marginalità, male oscuro delle aree interne, mettendo a sistema la natura, l’innovazione, l’architettura, la cultura, l’enogastronomia, trasformando le fragilità in opportunità di crescita.

Abbiamo dimostrato che il racconto delle zone di montagna può essere cambiato. L’Aquila è ora una meta stimolante, dove la bellezza è tornata visibile grazie ad un processo di emersione e di riuso e rinascita.

La cultura è stata l’intuizione vincente, nata da una visione ben precisa fondata sul rilancio della città attraverso la rilettura creativa della memoria; l’esaltazione dei valori sociali e religiosi, come forme di progresso civile e di attrazione turistica; la ridefinizione del concetto di comunità plurale e inclusiva; l’apertura ai saperi, alla conoscenza e alla ricerca; la possibilità di usare e vivere diversamente il tempo.

All’interno di questa visione programmatica un ruolo non di poco conto l’ha giocato una tradizione di notevole impatto, la Perdonanza Celestiniana.

Nei secoli trascorsi, ogni volta che c’è stato un terremoto gli aquilani hanno trovato la forza e l’ostinazione per rinascere.

La perseveranza è strettamente connessa alla motivazione – che è la molla che spinge all’azione e che la tiene viva nel tempo – e alla capacità di far fronte alle difficoltà.

Le montagne, le nostre montagne, ci insegnano che vanno affrontate con la fatica, la pazienza, l’ostinazione, la prudenza, la paura ed il coraggio.

Ci insegnano che, passo dopo passo, come sui sentieri di montagna; chiodo dopo chiodo come nelle pareti rocciose, si arriva alla cima.

L’Aquila della Perdonanza celestiniana sa che – passo dopo passo, perseverando nella fede e nell’ottimismo della volontà – la diplomazia vaticana e la diplomazia dell’Europa e degli Usa potranno portare ad un trattato di pace nella guerra russo-ucraino.

Papa Francesco ha parlato tante volte di speranza, che definisce come la più piccola delle virtù, ma anche la più forte, che non delude mai: se tu speri, mai sarai deluso.

È arrivato il momento di entrare in sintonia con i sogni dei nostri figli; il loro cammino deve essere il nostro cammino; dobbiamo dare loro le opportunità che chiedono; dobbiamo essere lungimiranti per loro e insieme a loro.

Non c’è una prospettiva bugiarda, non c’è stanchezza progettuale, non ci sono parole false o idee fittizie in questo discorso di commiato da giornate intense, cariche di fede e di gioiosità.

È questo il momento dell’abbraccio della nostra comunità ritrovata, della sincerità, della speranza testarda, del dialogo tra le generazioni, dell’ascolto, del perdono.

Facciamo entrare la luce nelle nostre vite nel nome di Celestino.