27 Settembre 2025 - 11:16:44

di Redazione

È detenuto da agosto in un carcere albanese il professor Michele D’Angelo, 44 anni, docente di biologia all’Università dell’Aquila, dopo un incidente stradale avvenuto nei pressi di Tirana. La conferma della notizia è arrivata ieri dal rettore dell’Ateneo Fabio Graziosi.

Secondo quanto ricostruito l’uomo, alla guida di una Lancia Ypsilon, sarebbe stato centrato da un altro veicolo alla cui guida c’era un albanese. Il professore, peraltro, stava viaggiando a non più di 40 chilometri orari, mentre l’altra vettura procedeva a velocità più elevata. Nonostante questo, D’Angelo è stato accusato di violazione delle norme sulla circolazione e di abbandono di veicolo, poiché si sarebbe allontanato dall’auto subito dopo l’impatto. Un comportamento che i suoi difensori considerano un gesto istintivo e non un tentativo di fuga. Da quel momento il docente, volto noto nella comunità accademica, è rinchiuso in carcere in attesa di giudizio. In attesa di novità sul caso, l’Università dell’Aquila ha espresso mobilitazione.

«Stiamo facendo il possibile – ha commentato il rettore eletto Fabio Graziosi – per chiedere la liberazione del docente e per ridurre la pressione psicologica delle persone coinvolte». Anche diversi rappresentanti istituzionali hanno espresso preoccupazione. Tra questi, il senatore Luciano D’Alfonso, che l’11 settembre ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro degli Esteri per sollecitare la massima cooperazione con le autorità albanesi e chiarire la dinamica dell’incidente.

Preoccupazione è stata espressa anche dal rettore uscente dell’Università dell’Aquila, Edoardo Alesse, che è stato informato del caso di Michele D’Angelo pochi giorni giorno dopo l’arresto, avvenuto l’8 agosto scorso. «L’Università dell’Aquila si è mobilitata sin da subito – ha detto – e siamo in contatto con la famiglia del nostro docente. Siamo anche in comunicazione con il sindaco del capoluogo, Pierluigi Biondi. Da un lato, siamo fiduciosi che, una volta terminato l’iter giudiziario, riesca a chiarire a pieno la sua posizione. Dall’altro, tuttavia, siamo preoccupati perché le settimane passano e D’Angelo è detenuto ormai da troppo tempo». D’Angelo riveste diversi incarichi nell’ateneo aquilano. Sin dal primo momento, anche l’ambasciata italiana è a lavoro per fare da collegamento tra i familiari del docente e le autorità giudiziarie albanesi».

Il Dipartimento di Medicina clinica, sanità pubblica, scienze della vita e dell’ambiente dell’Università dell’Aquila ha avviato una raccolta fondi a sostegno di D’Angelo. L’iniziativa, promossa nell’ultimo consiglio di dipartimento dalla direttrice, Annamaria Cimini, con il coinvolgimento dei colleghi, servirà a coprire le spese di sopravvivenza in carcere, l’assistenza legale e i viaggi dei familiari per le visite settimanali. «La finalità è garantire un sostegno concreto al docente e alla sua famiglia in una situazione di particolare difficoltà legata alla detenzione» hanno spiegato i promotori, in stretto contatto con la compagna di D’Angelo, Vanessa Castelli, anche lei docente Univaq.

«Michele è una persona molto sensibile, ed essere in stato di detenzione in un Paese che non conosce, senza poter comunicare per via della lingua, lo rende fragile. Mi auguro che si possa uscire da questa situazione il più presto possibile». Così Vanessa Castelli, compagna di D’Angelo.

«Stavamo svoltando verso il ristorante del matrimonio di due amici – racconta – quando una Mercedes, a velocità elevata, ha perso il controllo e si è ribaltata. Dobbiamo ritenerci fortunati nel dire che siamo stati solo sfiorati. Michele, in stato di shock, ha spostato la nostra Lancia Ypsilon per metterci in sicurezza e chiedere aiuto. Sappiamo che non si doveva fare, ma presi dal panico ci sembrava la cosa più giusta, in quel momento. Poi siamo scesi a chiedere aiuto, nessuno si fermava».

Dopo alcune rassicurazioni sull’arrivo dell’ambulanza, la coppia ha atteso invano la polizia per le testimonianze. Il giorno successivo, i due docenti si sono presentati spontaneamente al commissariato di Fier «convinti di dover solo testimoniare, non di essere indagati». Al termine della deposizione, però, è scattato il fermo per D’Angelo, tuttora detenuto insieme al conducente della Mercedes. Tre giorni dopo, è arrivata la notizia della morte di uno dei passeggeri dell’altro veicolo ha aggravato la vicenda giudiziaria.

«Siamo profondamente dispiaciuti per la famiglia della vittima, Michele prega ogni giorno per loro. D’altra parte si tratta di una misura cautelare troppo gravosa. Le procedure sono complicate, e la distanza da casa rende la sua condizione ancora più difficile».