19 Novembre 2025 - 14:56:12
di Vanni Biordi
Il teatro politico dell’Aquila torna ad animarsi con toni accesi, questa volta incentrati sulla spinosa questione della nomina del Comandante della Polizia Locale. Un dossier che, ben lungi dall’essere archiviato, si arricchisce di nuovi e preoccupanti capitoli, portando alla richiesta di un’audizione urgente del Prefetto in qualità di Commissario ad acta.
A sollevare la questione, con una fermezza che non ammette repliche, sono i consiglieri comunali Gianni Padovani ed Enrico Verini, che hanno indirizzato una missiva al presidente della Commissione “Garanzia e Controllo”, Stefano Palumbo, oltre che al Prefetto stesso e al Presidente del Tribunale Amministrativo Regionale.
L’oggetto del contendere è la nomina dell’architetto Marco Marrocco a Comandante, un provvedimento che, secondo l’opposizione, non solo violerebbe palesemente una sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del 26 luglio 2025, ma si porrebbe anche in netto contrasto con la legislazione nazionale in materia. I due consiglieri non agiscono isolatamente, ma si fanno portavoce di una preoccupazione che ha trovato eco in autorevoli sedi professionali.
Il cuore della protesta di Padovani e Verini pulsa sulla gravità delle valutazioni espresse dall’Associazione Nazionale degli Operatori della Polizia Locale. L’associazione, infatti, ha definito la nomina del Marrocco come «un atto nullo e in contrasto con i princìpi di legalità».
«L’Associazione Nazionale degli Operatori della Polizia Locale esprime articolate valutazioni», scrivono i due consiglieri nella loro nota, «molto simili a quelle da noi già pubblicamente esternate dopo la nomina del Marrocco, una nomina che viola palesemente sia la sentenza del TAR del 26.7.25 sia la legislazione nazionale in materia». La conseguenza, secondo l’Associazione Nazionale degli Operatori della Polizia Locale e la minoranza, è drammatica: l’atto sarebbe «improduttivo di effetti e tale da esporre l’ente a gravi rischi sul piano penale, secondo gli articoli 328 e 388 del Codice Penale, contabile e di integrità amministrativa per conflitto di interessi reale, concreto e attuale».
Una sintesi durissima che pone l’accento sulla potenziale responsabilità individuale dei decisori e sulla vulnerabilità dell’Amministrazione di fronte a possibili contenziosi. L’accusa non è di lieve entità, toccando il cuore della legalità amministrativa e della tutela degli interessi pubblici.
Il nodo principale è quello che riguarda il Commissario ad acta e il giudicato. Il ricorso alla Commissione “Garanzia e Controllo” mira non solo a contestare la nomina in sé, ma anche a comprendere l’inspiegabile inerzia del Prefetto dell’Aquila, insediatosi come Commissario ad acta il 17 settembre per assicurare il rispetto delle sentenze. Il ruolo del Commissario, infatti, è quello di sostituirsi all’ente inadempiente per garantire l’esecuzione dei provvedimenti giudiziari.
«Pur essendosi insediato il 17 settembre non ha provveduto ad effettuare alcun atto», lamentano Padovani e Verini. Dalla data di insediamento, gli adempimenti sostitutivi sarebbero spettati di diritto al Commissario. Il provvedimento di nomina, assunto unilateralmente dal sindaco, appare pertanto «temerario, dato che non rileva il coinvolgimento nelle motivazioni e nella genesi dell’atto della figura commissariale».
L’opposizione solleva un principio cardine della giurisprudenza per il complicato fatto che «il giudicato deve essere eseguito seguendo la normativa vigente al tempo della controversia, non potendo essere vanificato da inconferenti superfetazioni legislative introdotte con fraudolenti emendamenti notturni allo scopo di modificarne retroattivamente i presupposti». Il riferimento, implicito ma chiaro, è a possibili tentativi di aggirare la sentenza attraverso modifiche normative introdotte ad hoc, un meccanismo che, se confermato, minerebbe la credibilità dell’azione amministrativa e la stessa separazione dei poteri.
Ci sarebbe poi, se vogliamo dirla tutta, l’inadeguatezza del profilo e la sicurezza urbana. Al di là della legittimità formale, i consiglieri sollevano pesanti interrogativi sulla sostanza della scelta operata. Il Comandante della Polizia Locale, infatti, è chiamato a presidiare aree di estrema rilevanza e complessità, dalla sicurezza urbana e pubblica a quella stradale e infortunistica, dalla tutela del consumatore e del libero mercato fino alla sicurezza dell’ambiente e del territorio, senza dimenticare la prevenzione e il contrasto del conflitto di interessi e l’esecuzione di indagini delegate per conto dell’Autorità Giudiziaria.
Di fronte a un panorama di responsabilità così vasto e delicato, la domanda posta da Padovani e Verini è bruciante, «Come può un architetto part time, privo delle giuste esperienze curriculari di pubblica sicurezza, presidiare nei ritagli di tempo materie così sensibili, complesse ed assorbenti?».
Un profilo part time e non specializzato, si argomenta, sarebbe oggettivamente inadeguato a garantire l’efficacia e la continuità operativa di un Corpo nevralgico per la città. La sicurezza dei cittadini, in sostanza, verrebbe sacrificata sull’altare di una discutibile scelta politica.
Il cuore della richiesta di audizione, però, verte interamente sul ruolo e sulle motivazioni del Prefetto. La lettera pone domande dirette e ineludibili che richiedono risposte istituzionali chiare. Perché non è stato il Prefetto ad effettuare la nomina del Comandante nonostante l’ordine del Tribunale? Perché successivamente il Prefetto non ha annullato la nomina, palesemente illegittima, effettuata unilateralmente dal sindaco? E se il Prefetto ha invece condiviso con il Sindaco la nomina, perché non risultano nell’atto le motivazioni di tale condivisione in chiave di attuazione delle sentenze, così come recita l’ordine del giudice?
«È vero che il Commissario risponde del suo operato al giudice», si legge nella missiva, «ma è vero pure che le sue determinazioni vanno adottate in funzione dell’esecuzione di ben quattro sentenze che riguardano la sicurezza urbana, un argomento di preminente interesse pubblico». La trasparenza è l’unica via per fugare ogni dubbio. I consiglieri sottolineano che, secondo il loro parere, i cittadini aquilani «vogliono sapere come il Commissario abbia ottemperato alle sentenze passate in giudicato che non riguardano soltanto la nomina del Comandante ma insistono sul riassetto del Corpo e determinano la qualità della pubblica sicurezza in Città».
L’accusa di fondo è chiara. Il sindaco «ha dimostrato con i fatti ed in più occasioni di non volere un Comandante autonomo dal potere politico, come invece vorrebbero legge e giurisprudenza». L’audizione del Prefetto è quindi un «atto propedeutico a fare chiarezza ed assumere, ciascuno per quanto di competenza, ogni successiva iniziativa di tutela del pubblico interesse e finalizzata al ripristino della legalità in materia di Polizia Locale, a partire dalla piena esecuzione del giudicato».
La conclusione di Padovani e Verini suona come un impegno solenne. «Noi non molliamo, gli aquilani hanno diritto alla sicurezza e questo richiede un Comandante legittimo, competente, esperto ed a tempo pieno». L’attesa è ora per la convocazione della Commissione e per le risposte che il Prefetto vorrà fornire.
Di contro, Il sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi potrebbe respingere con fermezza le accuse di “atto nullo” e “violazione palese” di sentenze e normative, bollando la mossa come una strumentalizzazione politica che ignora i recenti sviluppi legislativi e l’effettiva operatività dell’Ente. Biondi potrebbe far leva sulla recente legge regionale numero 24 del 13 agosto scorso, che avrebbe modificato l’articolo 5 della legge regionale numero 42 del 2013, consentendo ai Comuni, in caso di posto vacante e assenza di figure dirigenziali idonee nel Corpo, di affidare l’incarico di Comandante, anche ad interim, a un dirigente esterno dell’ente.
Parlare di «inconferenti superfetazioni legislative introdotte con fraudolenti emendamenti notturni potrebbe sembrare, per Biondi e la Maggioranza, un linguaggio che travalica il dibattito istituzionale e non rispetta l’iter democratico della Regione. Biondi potrebbe ribattere che la nomina di Marrocco, un dirigente di comprovata esperienza all’interno del Comune, si fonda su un quadro normativo aggiornato che l’Amministrazione ha il dovere di applicare per garantire la continuità dei servizi essenziali, come la Polizia Locale. L’ANVU, per quanto autorevole, esprime pareri che non possono ignorare la legge in vigore. E poi ci sarebbe il ruolo del Prefetto che potrebbe rispindere chiedendo il rispetto del lavoro istituzionale
Il Prefetto, infatti, insediatosi come Commissario ad acta, agisce in autonomia per l’attuazione delle sentenze e in costante interlocuzione con l’Amministrazione. Il quesito sul «perché non è stato il Prefetto ad effettuare la nomina» o «perché non l’ha annullata» potrebbe apparire come il tentativo di gettare ombre su un lavoro congiunto che sta assicurando la piena operatività dell’Ufficio. La decisione di procedere ad interim con un dirigente interno, alla luce del nuovo assetto normativo, è stata assunta proprio per non lasciare sguarnito un settore cruciale in attesa della definizione completa degli adempimenti giudiziari e organizzativi del Corpo.
Biondi potrebbe chiudere il discorso dicendo che l’unico interesse è la sicurezza dei cittadini aquilani e invece di sollevare polemiche sulla professionalità di un dirigente, con qualifiche e curricula che non sono in discussione, si potrebbe riconoscere lo sforzo dell’Amministrazione per stabilizzare un settore complesso, anche attraverso l’impiego di risorse interne di alto profilo, sottolineando che sono conformi alla legge.
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