23 Settembre 2023 - 01:40:13

di Tommaso Cotellessa

Quella dei Nove Martiri Aquilani è una storia preziosa quanto aberrante. Un pugno allo stomaco che atterrisce ma anche una perla preziosa da custodire gelosamente.

Chiunque ha studiato la storia dei giovinetti aquilani e ne conosce, anche solo per sommi capi, le vicende salienti non può rimanere indifferente, non può non lasciarsi toccare da queste vite ancora acerbe stroncate dalla brutalità della dittatura.

Si tratta di una storia profondamente calata nel territorio, un episodio che si è svolto per i nostri vicoli, le nostre strade e i nostri luoghi. Ragazzi comuni che sono entrati nella storia grazie alle loro coraggiose gesta, tra le quali non troviamo sparatorie entusiasmanti o strategie portentose, ma piuttosto azioni per loro necessarie nate da cuori radicati a nobili ideali.

Infatti Anteo, Pio, Francesco, Fernando, Bernardino, Bruno, Carmine, Sante e Giorgio non hanno fatto altro che credere giuste le proprie idee e dare adito ai loro più nobili pensieri.

Proprio da queste idee e da questi pensieri nasce la pericolosa quanto valorosa scelta di non piegarsi al Bando Kesserling affisso il 18 settembre del 1943 per le strade della città dell’Aquila. Un manifesto che richiamava alla guerra e al lavoro e imponeva ai giovani aquilani di piegarsi al servizio del nazifascismo.

La scelta di quei giovani, gesto che ne segnò in maniera irreparabile la loro storia, fu decidere di autodeterminarsi, di compiere un gesto di pura libertà, ovvero dire “No”. Fu infatti la rischiosa scelta di non cedere al bando ma piuttosto di darsi alla macchia ciò che animò i nove ragazzi, i quali sotto la guida del Comandate D’Inzillo cominciarono a pianificare la loro operazione, finita in malora a Collebrincioni in seguito al rastrellamento attuato dalle truppe naziste del tenente Hassen.

Di certo dunque non parliamo di prodi guerrieri o di irreprensibili comandati, ma parliamo piuttosto di cuori liberi e ardenti di amore ideale nonché di cuori buoni. Ricordiamo infatti che i nove ragazzi hanno trovato la loro morte non a causa di ragazzate o di atti ingenui, ma per il consapevole e generoso gesto di aiutare un compagno in difficoltà. I nove furono infatti presi dai nazisti mentre soccorrevano un loro compagno, Umberto Aleandri, rimasto ferito nello scontro a fuoco contro il nemico.

Questo gesto d’amore e di compassione è l’atto eroico e leggendario di quei giovani che hanno saputo scegliere e l’hanno fatto ascoltando ciò che proveniva dal profondo del loro cuore, in quel posto dove abitavano il desiderio di libertà, la sete di futuro e l’impellente anelito di pace.

Questi sono i nostri aquilani, questo è il messaggio che ci consegna la loro storia preziosa. Questo è ciò che a 80 anni dal loro assassinio vengono ancora a dirci.

Oggi infatti come 80 anni, fa si fa plastico il bisogno di una scelta di campo e di un posizionamento morale.

Non dimentichiamo che in quel settembre del ’43 il fucile che uccise i nove giovani, che oggi ricordiamo, non aveva una, ma due estremità. Da una parte ragazzi desiderosi di cambiare lo stato delle cose a tal punto da rischiare la loro stessa vita, decisi a non cedere alla costrizione; dall’altra parte del fucile invece oltre ai nazisti c’erano fascisti aquilani colpevoli del crimine più bieco che questa città ricorda.

C’è sempre una scelta da compiere e i nostri nove martiri ci indicano la via per stare dalla parte giusta