27 Marzo 2024 - 09:13:14
di Redazione
In occasione della Santa Pasqua, il cardinale Giuseppe Petrocchi, arcivescovo dell’Aquila ha inviato un messaggio alla città.
La Pasqua di Gesù, accolta e attuata, cambia l’esistenza e la apre alla Vita. Credere alla Risurrezione significa accendere nel cuore una speranza che illumina ogni scelta e conforta ogni sofferenza. Una speranza incrollabile, poggiata sulla consapevolezza che “la Risurrezione non è una cosa del passato; contiene una forza di vita che ha penetrato il mondo. Dove sembra che tutto sia morto, da ogni parte tornano ad apparire i germogli della Risurrezione. È una forza senza uguali” (EG n. 276).
Il seme della Risurrezione è stato già deposto in ogni situazione, dal Signore. Non sta a noi, dunque, “piantarlo”, ma scoprirlo e farlo germinare, con il concorso dello Spirito. La fede nella Pasqua di Gesù ci dona certezze essenziali, sul piano della fede e della corretta ragione: La certezza che, in ogni situazione, per quanto oscura e intricata, la Provvidenza apre sempre una “via d’uscita” e ci offre la forza per percorrerla (cfr. 1 Cor 10,13). La certezza che facendo il bene si può sconfiggere il male (cfr. Rm 12, 21). Anzi, con l’aiuto della grazia, il credente può ricavare il bene anche dal male. La certezza che il bene fatto non è mai vano (cfr. 1Cor 15,58), poiché il bene ha sempre l’ultima parola. Ecco perché san Paolo invita a non stancarsi di fare il bene (cfr. Gal 6,9) ed esorta autorevolmente: “guardatevi dal rendere male per male a qualcuno, ma cercate sempre il bene tra voi e con tutti” (1Ts 5, 15). La certezza che, nonostante le diversità culturali, caratteriali e i difetti personali, la comunione è possibile e dovuta: essa possiede sempre un vigoroso slancio missionario, come dimostra l’evento di Pentecoste (cfr. At 2,1-36). La certezza che la “carità samaritana” inaugura il Regno di Dio, attraverso la testimonianza della “prossimità solidale”, specie verso le persone che soffrono la povertà e vivono in condizioni di marginalità. La certezza che la croce, portata con Gesù, è sempre fruttuosa ed apre orizzonti di pienezza e di gioia. Questo evento possiede una “energia” divina che consente di utilizzare anche gli eventi più avversi per cambiarsi in meglio e per ottenere esiti spiritualmente favorevoli: sempre, qualunque cosa accada. Quando parlavo ai giovani, per spiegare la forza “trainante” della Pasqua ricorrevo ad un esempio: quello di una barca a remi che avanza faticosamente in un mare mosso da flussi d’aria impetuosi; ma se l’equipaggio di quel natante possiede una vela e sa utilizzarla (alzandola ed esponendola in modo appropriato), consente alla barca di sfruttare a suo favore l’energia del vento, che prima agiva come forza contraria. In modo simile, quando navighiamo sulle acque turbolente di eventi avversi, se alziamo la “Vela della Pasqua” sull’ “albero maestro” della nostra anima, veniamo sospinti in avanti dal “Soffio dello Spirito”, come anche dalle correnti tumultuose delle difficoltà, raccolte però e trasformate – attraverso la novità rigenerante della Risurrezione – in dinamiche evangeliche “migliorative”, nella dimensione cristiana ed umana. Si impara così ad amare Dio, se stessi e gli altri, con autenticità fattiva e ampiezza crescente. La Pasqua spalanca di fronte al nostro sguardo la prospettiva gioiosa della santità, insieme alla consapevolezza di poterla raggiungere, non attraverso le nostre capacità, totalmente insufficienti, ma con l’aiuto onnipotente di Dio (cfr. Lv 20.8). Siamo chiamati ad impiantare un avvincente “cantiere di santità”: anzitutto in noi stessi, e poi nel mondo. Se ci lasciamo abitare dal Signore, crocifisso e risorto, possiamo diventare efficaci “artigiani” di santità, collaborando con lo Spirito di Verità e di Amore, che compie il prodigio di condurci alla perfezione evangelica (cfr. Mt 5, 48). Infatti, noi siamo un “miracolo” che Dio opera, se Lo lasciamo entrare nella nostra vita: possiamo, perciò, affermare che non solo Dio può “fare meraviglie” attraverso noi, ma pure che possiamo essere “modellati” come una “meraviglia” compiuta da Dio. La nostra vita, perciò, deve configurarsi come “viaggio” verso la santità: in questa “divina avventura” – come insegna san Francesco di Sales – “chi non guadagna, perde; per questa scala chi non sale, discende; chi non vince, rimane sconfitto” L’annuncio della Pasqua amplifica, approfondisce e porta a compimento l’esortazione solenne contenuta nel libro del Deuteronomio: «io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male”: “scegli dunque la vita, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a Lui, poiché è Lui la tua vita”(cfr. Dt 30,15-20). Nella libera scelta tra il bene e il male – “dentro” e “fuori” di noi – si gioca il destino dei popoli come di ogni persona. Riecheggia nella mente la severa ammonizione contenuta in un testo del Concilio Vat. II: «Tutta intera la storia umana è pervasa da una lotta tremenda contro le potenze delle tenebre; lotta cominciata fin dall’origine del mondo, che durerà, come dice il Signore, fino all’ultimo giorno. Inserito in questa battaglia, l’uomo deve combattere senza soste per poter restare unito al bene, né può conseguire la sua interiore unità se non a prezzo di grandi fatiche, con l’aiuto della grazia di Dio» (GS n. 37). Dobbiamo, perciò, imprimere a caratteri cubitali nella nostra coscienza la lapidaria sentenza del Libro di Tobia: “Coloro che commettono il peccato e l’ingiustizia sono nemici della propria vita” (Tb 12, 10). E sant’Agostino commenta: “Perciò chi sa amarsi, ama Dio; chi invece non ama Dio, anche se ama sé stesso si può dire a ragione che si odia, perché fa ciò che gli è contrario e si danneggia come se fosse un nemico”. La Pasqua di Gesù segna, in modo indelebile e definitivo, la vittoria del bene sul male: a noi il Signore chiede di farci coinvolgere in questa esperienza di salvezza, che ci rende, secondo la Sua promessa, creature trasformate dall’Amore. Con Lui e in Lui saremo chiamati ad eseguire, fino in fondo, lo “spartito della carità”, nelle sue molteplici espressioni. Lo sappiamo: non è impresa su nostra misura, ma è alla nostra portata perché ci è elargita la grazia per concretizzarla. Nella Pasqua di Gesù siamo chiamati a sperimentare la libertà “nella” croce e la libertà “della” croce (infatti, è attraverso la “croce gloriosa” che siamo stati resi liberi e abilitati a liberare). Carissima Sorella, carissimo Fratello la Chiesa, con immensa letizia, proclama che la Pasqua è avvenuta “per” te. Ora dipende “da” te ri-viverla e trasmetterla. Vuoi entrare in questa Pasqua? Gesù è la Porta: come Verità, Vita e Via. E alla luce di questo di questo Mistero di Morte e di Vita vi invito a meditare il grido appassionato di Giovanni Paolo II, che in nome della Pasqua, lancia, da credente, la sfida al male che, come un fiume iniquo e perverso, scorre sui solchi della storia. “Nel mondo continuano a lottare il bene e il male. Lottano la vita e la morte; lottano il peccato e la grazia. Dobbiamo pensare con inquietudine verso che cosa si va dirigendo il mondo contemporaneo. Avendo messo profondamente le radici nell’umanità dei nostri tempi, le strutture del peccato – come una larga ramificazione di male – sembrano offuscare l’orizzonte del bene. Sembrano minacciare con la distruzione l’uomo e la terra. Ma anche se nella storia dell’uomo, degli individui, delle famiglie, della società e infine dell’umanità intera il male si fosse sviluppato sproporzionatamente, offuscando l’orizzonte del bene, esso tuttavia non [ lo ] supererà! Cristo risorto non muore più. Anche se nella storia dell’uomo si potenziasse il male; anche se umanamente non si vedesse il ritorno al mondo dell’amore sociale, anche se umanamente non si vedesse il passaggio, anche se infuriassero le potenze delle tenebre e le forze del male, tu, Vittima pasquale, Agnello senza macchia, Redentore, hai già ottenuto la vittoria! La tua Pasqua è questo passaggio! Tu hai fatto di essa la nostra vittoria! Permane il mistero della Risurrezione nel cuore stesso di ogni morte umana. Permane il mistero della Risurrezione nel cuore delle folle. Il Mistero Pasquale della Riconciliazione permane nella profondità del mondo umano. E di lì non lo strapperà nessuno!”. Anche oggi la Madre del Signore, mossa dallo Spirito, proclama nella Chiesa il “Magnificat della Pasqua”: e noi, come discepoli, siamo tenuti a farci “eco” del Suo inno di gratitudine, di invocazione e di lode. A Maria ci rivolgiamo – a una sola voce, in tono confidente e con filiale insistenza – per ottenere il dono della riconciliazione e della concordia, in un tempo lacerato da guerre disastrose e da conflittualità dilanianti. Lei, la Regina della Pace, ci aiuti a mantenere accesa la “lampada” della speranza, che ci permette, anche in mezzo alle oscurità del mondo, di riconoscere e accogliere il Crocifisso-Risorto, che ogni giorno ci viene incontro. “Dio ha disteso sulla croce le sue braccia per circondare i confini dell’universo”: certi di questo Amore, che ci ha riscattato dal male e ci ha reso partecipi della Vita della Trinità, facciamo-Pasqua con lungimirante esultanza, non solo per avere il “mondo nel cuore”, ma per arrivare al “cuore del mondo” e alimentarvi la fiamma evangelica dell’Unità
universale. Auguri fraterni, a tutti e a ciascuno!